Prima di andare a parlare del piercing e del possibile rischio di epatite connesso, dirò qualcosa che è molto, molto forte.
Alcune statistiche dicono che, allo stato attuale, in Italia ci sono circa 2 milioni di persone che hanno contratto una infezione epatica, ma la ignorano completamente.
Per fortuna il più delle volte l’infiammazione va via o può essere debellata perché non molto virulenta.
Cos’è l’epatite?
Per epatite s’intende una generale infiammazione del fegato che può essere ricondotta a cause diverse, come virus, batteri e farmaci, ma altresì dovuta a cattive abitudini sociali e alimentari come la tossicodipendenza o l’abuso di alcool e, in casi più rari, di fumo.
Nel caso di piercing, i rischi sono quelli di contrarre l’epatite di tipo C.
L’epatite C è rischiosa?
Giusto per tranquillizzare, non stiamo parlando di Ebola, ma la malattia va trattata con tenacia, con farmaci adeguati e con tanta pazienza.
Come mortalità stiamo intorno al 20-30%, non è sessualmente trasmissibile, ma l’epatite C è associata a un rischio maggiore di contrarre l’HIV, il virus precursore dell’Aids.
Alcune recenti ricerche sembrano individuare tra le maggiori cause dell’epatite C, che peraltro è in aumento, proprio i piercing e i tatuaggi.
Come comportarsi per prevenire il rischio di epatite C connesso ai piercing?
Una buona abitudine, per dirla fuori dai denti, è quella di “essere rompiscatole” con il piercer.
Chiedere allo stesso di cambiare sempre gli strumenti, di sterilizzarli e non riutilizzarli, bensì di usare sempre kit monouso; costringere il piercer a lavarsi le mani e usare sempre i guanti.
Chiedere allo stesso di usare aghi mai usati in precedenza e così via.
Insomma, puntate i piedi e chiedete per voi uno studio piercing sterile e igienico alla stregua di uno studio dentistico o una sala operatoria.
Cosa fare in caso di infezione?
Il consiglio, nel caso malaugurato, è semplice: scegliete un medico competente e seguite scrupolosamente la cura e i farmaci che vi prescriverà.